| Le prime impressioni, a caldo, così come mi vengono! Musiche fiacche, sono l'anello debole per il mio punto di vista; inoltre Guardì ha studiato e preso spunto, diversi spunti a dire il vero, da tante, tante altre opere...ma ne ero già consapevole e mi sono goduta il resto: proprio goduta, perché lo spettacolo è più che piacevole! Inutile un ipotetico confronto con il romanzo: il Manzoni è il Manzoni, e il musical è altro, è un semplice omaggio ad una grande opera, ma con una sua vita indipendente. Lo spettacolo in sé è un grande concentrato di eventi, che si succedono con grande ritmo, e l'inizio è piuttosto incalzante. Ho notato però che i fatti "fondamentali" si è tentato di metterli in risalto, calcandoli o semplicemente facendo eco di loro stessi, come "Verrà un giorno", "Questo matrimonio non s'ha da fare", "Dio perdona tante cose per un'opera di misericordia", o l'accento posto in finale da don Rodrigo verso il Griso:'...il signore "lasci fare a me!'". Poi Renzo, subito: spontaneo, campagnolo, schietto, istintivo, sveglio ma in fondo un "semplice e buono": proprio bello, ben reso, mi è piaciuto molto. La minaccia a don Abbondio non risulta chiara a chi non conosce la storia, ma l'incubo da cui è tormentato restituisce forza all'impedimento e offre una prima immagine efficace della potenza di Don Rodrigo, sottolineata successivamente dagli abiti che indossa, soprattutto in scena contemporaneamente a Fra Cristoforo, semplice di aspetto ma ricco di sentimento interiore. Ironicamente poi, è con Don Rodrigo che si respira per la prima volta in scena un'aria di festa, con musica, vino e canto. Mi è piaciuta la figura della Monaca di Monza, il cui viso così bello e truccato non si accompagna all'abito che veste, ed il contrasto è immediatamente reso. "Ecco Milano" è fresca, esuberante, è il miscuglio di sensazioni immediate che suscita la vista della grande città al 'piccolo' uomo di campagna, che accosta la grandezza alla potenza, alle possibilità concretizzabili, ai sogni e le speranze conquistabili: l'illusione che tutto possa avverarsi. L'ingresso in scena dell'Innominato è di forte impatto, perché si avverte subito la differenza dell'importanza della figura di questo Signore, dal 'signorotto' Don Rodrigo. Differenza sottolineata non solo dagli abiti ma anche dal portamento, nonché dalla severità dello sguardo. L'Innominato muta poco a poco, e seppur la scena è di per sé relativamente rapida, il cambiamento si avverte visibilmente e lo si vive con lui. Il tormento, lo sguardo che perde sicurezza, l'abbandono dell'arma, la ricerca/richiesta di questo Dio, la titubanza, l'abbandono totale, e finalmente la fede. Contrariamente alla Monaca di Monza, che ha perso l'opportunità presentatasi con la figura di Lucia, rimanendo schiava del proprio tormento interiore, qui l'altra figura potente, l'Innominato, trova invece la forza e con essa la sua salvezza interiore. E in tutto questo, un Vittorio che mi è piaciuto tantissimo!!! Ma arriva la peste e Milano, la grande, promettente Milano, cambia aspetto. E' una Milano ben diversa quella che si presenta ora davanti agli occhi: i sogni per un futuro possibile sono schiacciati sotto il peso di un male contro il quale nessuno può nulla. E in questo contesto ecco un momento di pausa, di raccoglimento, attorno alla figura straziante di una madre incredula verso la povera figlia, Cecilia. Ma poi la fede, la speranza e il perdono tornano nei cuori, nelle speranze e nella città di Milano... insomma proprio carino, più da vedere che da sentire, ma sicuramente piacevole!! Un'ultima nota a favore di Perpetua, grande per quel che lo spazio le concede!
Shyan - che è riuscita miracolosamente a vedere raiuno online da Berlino!!!
P.S. ma è stata una mia impressione o non erano ben sincronizzati quando cantavano e sembravano addirittura doppiati?!?
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